di Olga Festa - foto Paola Grimaldi

I Chiassi di Casamassima: quelle pittoresche corti racchiuse tra i vicoli del "paese azzurro"
CASAMASSIMA – Buongustai, Pollaioli, Carità: sono questi alcuni dei nomi dei pittoreschi “chiassi” di Casamassima. Parliamo di piccole piazze risalenti al Medioevo racchiuse tra i palazzi e i vicoli del centro storico del paese a sud-est del capoluogo pugliese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Simili alle corti di Bari Vecchia, si distinguono per le particolari denominazioni e per il fatto di essere tinti di azzurro, colore che, come abbiamo scritto in un precedente articolo, caratterizza tutto il borgo antico della cittadina. La leggenda narra infatti che a seguito del voto del feudatario Odoardo Vaaz fatto alla Madonna di Costantinopoli affinché proteggesse la città dalla peste abbattutasi nel 1658, il borgo venne dipinto dello stesso colore del manto della Vergine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dal latino clausum (chiuso o recintato), i chiassi erano un tempo utilizzati come luoghi comuni dove svolgere attività della quotidianità al ritorno dai campi. In epoca moderna furono però abbandonati assieme alla maggior parte delle abitazioni del centro storico, anche se ultimamente una serie di agevolazioni fiscali concesse dal Comune hanno favorito la loro riqualificazione e il conseguente ripopolamento della parte vecchia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Guidati dall’architetto Marilina Pagliara, socia storica della Pro Loco cittadina, siamo andati così alla scoperta di alcuni degli scorci del “paese azzurro”. (Vedi foto galleria)

Il nostro  punto di partenza è la trafficata piazza Aldo Moro, su cui spicca Porta dell’Orologio: l’unico sopravvissuto accesso pedonale al centro storico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Superata piazza del Popolo e procedendo verso sinistra ci immettiamo nella stretta via Conservatorio, sulla quale si affaccia la prima corte: il chiasso Carità. Inoltrandosi al suo interno ci si ritrova circondati da mille colori: vasi fioriti affiancati da piccole statue tutte azzurre costituiscono un piccolo sentiero che accompagna lo sguardo all’ottocentesca chiesa dell’Addolorata, oggi sconsacrata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Adiacente al “Carità” si trova chiasso Elia, caratterizzato per la presenza di Palazzo Monacelle. «Questo edificio oggi ospita una biblioteca – sottolinea la nostra guida - ma alla fine del 700 fu la sede del primo conservatorio della terra di Bari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ritorniamo sull’arteria principale lì dove notiamo degli elementi tipici dell’edilizia contadina di Casamassima: i gattoni. Si tratta di sporgenze in pietra inserite vicino alle finestre dove venivano poggiate assi di legno utili per l’essicazione di fichi, legumi o altri alimenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Procedendo sempre dritto ci si imbatte poi in uno dei chiassi più conosciuti del borgo: il Molinari, così detto per via della famiglia di mugnai che l’abitava. Tutto colorato d’indaco, è anche conosciuto come chiasso dell’Amore perché ogni 14 febbraio viene allestito con decorazioni per celebrare la festa degli innamorati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Lì dove via Conservatorio incontra via Castello, ci infiliamo nella stretta stradina posta sulla destra, per ritrovarci davanti a uno spiazzo particolare, l’unico introdotto da un piccolo arco azzurro dotato di stemma. É Chiasso Buongustai che deve il suo nome particolarmente evocativo al forno seicentesco del duca di Napoli, rimasto attivo fino al 2006 anno in cui ha cambiato sede.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Via Castello va pian piano stringendosi, prima di sbucare davanti alla seicentesca cappella di San Michele a cui è dedicato il chiasso San Michele, il più piccolo del paese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Marilina ci conduce poi tra le strette strade del centro storico alla scoperta di altri chiassi dalle denominazioni particolari. «Spesso, come abbiamo visto, derivano dai nomi delle famiglie che vi abitavano - sottolinea l’esperta -. Altre volte invece, come nel caso di chiasso Pollaioli, la toponomastica riguarda il mestiere di chi lo abitava: in questo caso mercanti e allevatori di polli. Su via Don Liborio c’è poi chiasso Angelica, dal nome della pianta officinale che veniva lavorata qui come erba medica e che ci fa dedurre la presenza un tempo di qualche speziale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Chiasso Vecchio è invece introdotto da un lunghissimo arco con edicola votiva dedicata a San Rocco, mentre chiasso Bellini (nei pressi del vico omonimo) è probabilmente chiamato così per via di qualche estimatore del musicista italiano. Invece chiasso della Rosa, all’incrocio su via dei Lacci, rappresenta un omaggio alla benefattrice del borgo, Donna Rosa, anche se potrebbe indicare l’attività di qualche fioraio. Di dubbia provenienza è invece l’allegro nome del chiasso della Feste.

Curiosa l’origine del chiasso della Ninna, su cui si affacciavano numerose abitazioni dalle quali riecheggiavano spesso delle nenie necessarie per far addormentare le ninne, ovvero le bambine. Oggi questa non è più una corte ma si è trasformata in via Ninna dopo essere stata aperta per consentire il passaggio nella zona nuova della città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Infine, ritornando su piazza del Popolo lì dove il viaggio ha avuto inizio, attraverso arco delle Ombre è facile raggiungere l’ultima tappa del nostro percorso: vico Scale, uno spazio che può definirsi un chiasso a tutti gli effetti, essendo oggi privo d’uscita.

«Si tratta di uno dei luoghi più fotografati del paese - dichiara Marilina prima di salutarci - e questo per via dei suoi sfavillanti colori dovuti alle piante e ai fiori che qui vengono curati tutto l’anno dai residenti. Da parte nostra, come Pro Loco, ci impegniamo da decenni per la valorizzazione del centro storico grazie a iniziative come il “balcone fiorito” o le targhe “paese azzurro” assegnate ai migliori recuperi delle antiche strutture. Ma sono i cittadini stessi che, compreso il grande valore di Casamassima, contribuiscono con bambole di pezza, statuette o panchine in legno a rendere ancora più belli questi splendidi scorci».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
Il nostro  punto di partenza è la trafficata piazza Aldo Moro, su cui spicca Porta dell’Orologio...
...l’unico sopravvissuto accesso pedonale al centro storico
Superata piazza del Popolo e procedendo verso sinistra...
...ci immettiamo nella stretta via Conservatorio...
...sulla quale si affaccia la prima corte: il chiasso Carità. Inoltrandosi al suo interno ci si ritrova circondati da mille colori: vasi fioriti affiancati da piccole statue tutte azzurre costituiscono un piccolo sentiero...
...che accompagna lo sguardo all’ottocentesca chiesa dell’Addolorata, oggi sconsacrata
Adiacente al “Carità” si trova chiasso Elia...
...caratterizzato per la presenza di Palazzo Monacelle. Questo edificio oggi ospita una biblioteca ma alla fine del 700 fu la sede del primo conservatorio della terra di Bari
Ritorniamo sull’arteria principale lì dove notiamo degli elementi tipici dell’edilizia contadina di Casamassima: i gattoni. Si tratta di sporgenze in pietra inserite vicino alle finestre dove venivano poggiate assi di legno utili per l’essicazione di fichi, legumi o altri alimenti
Procedendo sempre dritto ci si imbatte poi in uno dei chiassi più conosciuti del borgo: il Molinari, così detto per via della famiglia di mugnai che l’abitava. Tutto colorato d’indaco, è anche conosciuto come chiasso dell’Amore perché ogni 14 febbraio viene allestito con decorazioni per celebrare la festa degli innamorati
Lì dove via Conservatorio incontra via Castello, ci infiliamo nella stretta stradina posta sulla destra, per ritrovarci davanti a uno spiazzo particolare, l’unico introdotto da un piccolo arco azzurro dotato di stemma
É chiasso Buongustai che deve il suo nome particolarmente evocativo al forno seicentesco del duca di Napoli, rimasto attivo fino al 2006 anno in cui ha cambiato sede
Via Castello va pian piano stringendosi, prima di sbucare davanti alla seicentesca cappella di San Michele...
...a cui è dedicato il chiasso San Michele, il più piccolo del paese
Marilina ci conduce poi tra le strette strade del centro storico alla scoperta di altri chiassi dalle denominazioni particolari. Come chiasso Pollaioli, la cui toponomastica riguarda il mestiere di chi lo abitava: in questo caso mercanti e allevatori di polli
Su via Don Liborio c’è poi chiasso Angelica, dal nome della pianta officinale che veniva lavorata qui come erba medica e che ci fa dedurre la presenza un tempo di qualche speziale
Chiasso Vecchio è invece introdotto...
...da un lunghissimo arco con edicola votiva dedicata a San Rocco
Mentre chiasso Bellini (nei pressi del vico omonimo) è probabilmente chiamato così per via di qualche estimatore del musicista italiano
Invece chiasso della Rosa, all’incrocio su via dei Lacci, rappresenta un omaggio alla benefattrice del borgo, Donna Rosa, anche se potrebbe indicare l’attività di qualche fioraio
Di dubbia provenienza è invece l’allegro nome del chiasso della Feste
Curiosa l’origine del chiasso della Ninna, su cui si affacciavano numerose abitazioni dalle quali riecheggiavano spesso delle nenie necessarie per far addormentare le ninne, ovvero le bambine
Infine, ritornando su piazza del Popolo lì dove il viaggio ha avuto inizio, attraverso arco delle Ombre...
...è facile raggiungere l’ultima tappa del nostro percorso: vico Scale, uno spazio che può definirsi un chiasso a tutti gli effetti, essendo oggi privo d’uscita
Si tratta di uno dei luoghi più fotografati del paese e questo per via dei suoi sfavillanti colori dovuti alle piante e ai fiori che qui vengono curati tutto l’anno dai residenti



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